Il lavoro agile nella pubblica amministrazione e l’emergenza COVID-19

Tra le misure adottate dal legislatore allo scopo di garantire la continuità dell’azione amministrativa nel contesto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 spicca – su tutte – il ricorso al lavoro agile quale modalità ordinaria di svolgimento della prestazione di lavoro. Se, infatti, l’emergenza COVID-19 ha costretto alla paralisi l’intero Paese, la “macchina amministrativa” – a differenza delle attività produttive e commerciali – non poteva certo arrestarsi. Da questo punto di vista, benché originariamente pensato per realizzare altre finalità, il lavoro agile o smart working – nel contesto attuale – si presenta come lo strumento ideale per garantire la continuità dell’azione amministrativa, id est delle prestazioni di lavoro rese dai pubblici dipendenti.

Il legislatore ha così adottato diverse misure volte a semplificare e ad agevolare l’adozione del lavoro agile da parte delle p.a., le quali – al pari dei datori di lavoro privati – sono state abilitate a collocare unilateralmente i propri dipendenti in smart working. In altre parole, allo scopo di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e di salvaguardare al contempo la salute e la sicurezza dei cittadini e dei pubblici dipendenti, è venuto meno quello che è uno dei tratti più tipici dell’istituto di cui al Capo II della l. 22 maggio 2017, n. 81: il necessario previo accordo tra le parti. Il requisito del consenso è venuto meno in ragione della necessità di salvaguardare il superiore interesse costituzionale alla tutela della salute, interesse alla cui realizzazione può contribuire anche l’istituto del lavoro agile, il quale consente di ridurre gli spostamenti ed i contatti tra le persone, nonché – di conseguenza – il rischio contagio. In questa fase di emergenza, inoltre, le p.a. sono state esentate sia dall’obbligo di consegnare al lavoratore agile e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza l’informativa scritta di cui all’art. 22, c. 1, l. n. 81/2017 sui rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di svolgimento della prestazione di lavoro, sia da quello di effettuare le comunicazioni obbligatorie di cui al successivo art. 23, c. 1. Principali riferimenti normativi di queste misure sono l’art. 87 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni in l. 24 aprile 2020, n. 27, la Circolare del Ministro per la pubblica amministrazione 4 marzo 2020, n. 1 e la Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione 12 marzo 2020, n. 2.

Se non altro, va quantomeno riconosciuto a queste misure il merito di aver in qualche modo “costretto” tutte le p.a. a sperimentare lo smart working. La speranza è che, una volta terminata l’emergenza, le p.a. riescano a fare tesoro di questa esperienza, dando vita a progetti strutturati di lavoro agile volti questa volta a realizzare le finalità per le quali è stato originariamente predisposto l’istituto in discorso, ovvero ad incrementare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, nonché ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei pubblici dipendenti.

a cura di Matteo Turrin – Dottorando di ricerca, Università degli Studi di Padova