Accordi sindacali di gestione dei livelli occupazionali: dal nuovo onere del Decreto Dignità timori sovradimensionati

Il c.d. Decreto Liquidità (D.L. 8 aprile 2020, n. 23, recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”) contiene una disposizione che, inizialmente passata quasi inosservata ai giuslavoristi, nel profluvio di norme emergenziali introdotte dal Governo nelle ultime settimane, è invece divenuta oggetto di una certa recente attenzione nel momento in cui le imprese hanno cominciato a presentare le domande di accesso ai finanziamenti garantiti dallo Stato (o, più precisamente, da Sace S.p.a., società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti S.p.a.).

Tale disposizione (si tratta dell’art. 1, comma 2, lett. l) prevede, tra i numerosi requisiti richiesti per accedere alla garanzia di Sace S.p.a., che l’impresa richiedente assuma “l’impegno di gestire i livelli occupazionali mediante accordi sindacali”.

Ci si è quindi cominciati ad interrogare sul significato di tale impegno, e in questo senso in alcuni commenti si sono letti taluni timori di incostituzionalità della norma, laddove essa limiterebbe il libero esercizio dell’iniziativa economica, richiedendo che ogni operazione imprenditoriale destinata a prestare effetti anche sul piano occupazionale debba transitare attraverso (non solo una previa consultazione ed informazione dei sindacati, ma anche e più incisivamente) l’individuazione di un accordo con le associazioni sindacali. In tal senso la norma imporrebbe ben più che una “forma di collaborazione” di cui all’art. 46 Cost., ma quasi un potere di veto in capo al sindacato, che rifiutandosi di sottoscrivere l’accordo collettivo, potrebbe di fatto paralizzare l’operazione progettata dall’imprenditore. Del resto, l’assoluta genericità della norma – che non contiene alcun criterio di selezione tra le associazioni sindacali titolari del diritto alla stipulazione dell’accordo, né specifica cosa debba intendersi per “gestione dei livelli occupazionali”, in tal modo includendo nel suo ambito di applicazione operazioni volte ad un incremento della forza occupazionale dell’impresa – ben si presterebbe, secondo tali primi commenti, ad una potenziale estensione volta a ricomprendere, di fatto, ogni esplicazione dell’iniziativa imprenditoriale, conseguentemente limitandone la libertà in potenziale contrasto con l’art. 41 Cost.

In realtà, sembra che tali timori possano essere ridimensionati.
Senza poter entrare nei dettagli in queste poche righe, sembra debbano privilegiarsi le impressioni di quei primi commentatori che ritengano che l’“impegno” che il datore di lavoro deve assumersi per ottenere e mantenere la garanzia di Sace S.p.a. non sia tale da limitare la sua libertà di iniziativa economica (cfr. Sitzia – De Luca, in Bollettino Adapt 29 aprile 2020, nonché Perrulli, in Il Sole 24 Ore, 23 aprile 2020). In particolare, privilegiando un’interpretazione della norma volta ad assicurarne la compatibilità costituzionale, si privilegia una lettura volta coniugare il valore dell’impresa con quello del lavoro, instaurando un clima di collaborazione tra datore di lavoro e parti sociali. Interpretata in questo modo, la norma si inserirebbe, rafforzandolo, nel solco di precedenti interventi normativi volti ad assicurare il diritto di informazione e consultazione sindacale (pensiamo soprattutto al d. lgs. n. 25/2007, con cui il nostro Stato ha recepito la Direttiva 2002/14/CE).

Inoltre, l’onere di cui all’art. 1, comma 2, lett. l), del D.L. n. 23/2020 è previsto in capo all’impresa al fine di consentirle di conservare la garanzia riconosciutale: l’eventuale assunzione della deliberazione imprenditoriale con effetti occupazionali in assenza di previo accordo sindacale, se fa perdere la garanzia di Sace S.p.a. del credito, non può però condurre alla nullità o all’illegittimità dell’atto giuridico. Così, il soggetto dotato di legittimazione e di interesse all’accertamento della violazione datoriale ed al conseguente venir meno della garanzia sembra non poter essere altri che, per l’appunto, la sola Sace S.p.a., non anche il lavoratore il quale non potrebbe quindi impugnare, ad esempio, un eventuale licenziamento disposto senza un previo accordo sindacale.

a cura di Giulio De Luca – Avvocato e Dottore di Ricerca, Università degli Studi di Padova