Ai GOT (Giudici Onorari di Tribunale) spetta lo stesso trattamento stipendiale di un magistrato di prima nomina

Il Tribunale di Vicenza con sentenza n. 343 del 29 dicembre 2020 (Est. Campo) riconosce il diritto di un GOT (giudice onorario di Tribunale) al medesimo trattamento stipendiale spettante ad un magistrato di prima nomina.

Nel caso di specie la ricorrente non aveva chiesto l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con il Ministero, bensì aveva lamentato il carattere deteriore del proprio trattamento economico, rispetto a quello di un magistrato ordinario, nel presupposto che quest’ultimo fosse un lavoratore comparabile; ciò, facendo valere le pertinenti disposizioni (self executing) delle direttive europee in materia di lavoro a termine e di lavoro a tempo parziale (artt. 4 dir. 1999/70/CE e art. 4 dir. 1997/81/CE).

Il Tribunale di Vicenza ritiene che – alla luce delle modalità di svolgimento della sua prestazione, durante l’intero arco dei quattordici anni di servizio –  la ricorrente GOT sia senz’altro una “lavoratrice” ai fini e ai sensi della disciplina comunitaria sopra richiamata;  valorizzando a tal fine anche una recente pronuncia della Corte di Giustizia del 16 luglio 2020 (C-658/18), relativa ai giudici di pace.

Il Tribunale le riconosce dunque il diritto al medesimo trattamento stipendiale di un magistrato di prima nomina, poiché – tenuto conto delle mansioni in concreto svolte e delle incombenze affidatele, ed in generale delle modalità di svolgimento della prestazione, ben diverse (anche per effetto di successivi provvedimenti di rango secondario) da quelle in origine prefigurate dal r.d. n. 12 del 1941– la sua posizione era senz’altro comparabile a quella di un magistrato ordinario. Non si può, invece tenere conto delle progressioni stipendiali successive, dipendenti da valutazioni periodiche della professionalità dei magistrati.

Nel caso di specie, poi, il rapporto – per effetto di una continua reiterazione di rapporti a tempo determinato –  si era protratto per ben quattordici anni. Da ciò, la condanna del Ministero al risarcimento del danno (“cd. “comunitario”), ex art. 32 l. n. 183 del 2010.

 

a cura di Barbara De Mozzi – Professoressa Associata di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Padova

 

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