Cambio appalto e trasferimento: alcune precisazioni

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 942 del 2 marzo 2020, ha rigettato il reclamo promosso, ex art. 1 comma 58 Legge n. 92/2012, da alcuni lavoratori avverso la sentenza di primo grado che aveva ritenuto legittimo il loro licenziamento collettivo, negando l’invocabilità del diritto al passaggio, senza soluzione di continuità, ai sensi dell’art. 2112 c.c., dalla prima società concessionaria di un pubblico servizio alla nuova impresa subentrante.

Nel caso di specie, un Ente pubblico in Roma comunicava alla A. S.p.a. che, in ragione dell’imminente scadenza delle concessioni e del loro mancato rinnovo, avrebbe dovuto restituire i locali, con conseguente cessazione dell’esercizio delle sue attività commerciali. La A. S.p.a., una volta a conoscenza delle nuove imprese aggiudicatrici, attivava l’iter di informazione e consultazione sindacale, previsto dal CCNL di riferimento, per definire le modalità e i tempi del passaggio del personale alle società subentranti. In prossimità della cessazione di ogni sua attività e considerato che nessuna delle società subentranti aveva ancora garantito il c.d. subentro, con successiva comunicazione la A. S.p.a. avviava la procedura di licenziamento collettivo ex l.n. 223/ 1991, per esubero di n. 93 lavoratori, informando le RSA. Al termine della procedura, che coinvolgeva anche la Regione Lazio, si concordava che, dopo un periodo di CIG necessario per permettere alle società subentranti di riallestire i locali, le stesse avrebbero formulato una proposta di assunzione a tempo indeterminato in favore dei lavoratori in esubero, alle condizioni contrattuali stabilite in sede amministrativa con le parti sociali. Pertanto, all’esito della fruizione della CIG e dopo la formalizzazione delle suddette proposte di assunzione, la ex concessionaria comunicava ai suoi dipendenti la cessazione del rapporto di lavoro, chiudendo la procedura di licenziamento collettivo. Alcuni dei lavoratori, tuttavia, ritenendo che l’accordo concluso in sede amministrativa avrebbe loro imposto condizioni peggiori rispetto a quelle godute in precedenza, non accettavano le proposte di assunzione ex novo presso le nuove aggiudicatrici: essi agivano, quindi, in giudizio per sentire dichiarare l’illegittimità dei licenziamenti collettivi subiti, sostenendo che – in luogo della disciplina di cui alla legge n. 223/1991 – essi avrebbero avuto diritto al subentro automatico e senza soluzione di continuità presso le nuove società concessionarie, in base, alternativamente, all’art. 2112 c.c. ovvero alle clausole sociali contenute nella contrattazione collettiva o, ancora, alle norme del codice degli appalti pubblici.

Secondo il Collegio romano, però, nessuna delle invocate disposizioni poteva ritenersi idonea a fondare le pretese dei reclamanti. Anzitutto, il bando per l’aggiudicazione della concessione delle attività commerciali non prevedeva alcun obbligo, a carico dell’impresa subentrante, di assumere il personale in servizio presso la precedente concessionaria. Quanto, poi, alla tutela ex art. 2112 c.c., essa non è invocabile, spiegano i giudici, nel caso di subentro nei contratti di fornitura di pubblici servizi: con riferimento alla formulazione dell’art. 29 comma 3 del d.lgs. n. 276/2003 antecedente alla riforma del 2016 (applicabile ratione temporis al caso di specie), la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che “L’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto, non costituisce trasferimento di azienda “ (Cassazione n. 27913 / 2019).
Con riguardo alle clausole sociali, inoltre, la regolamentazione dei cambi di gestione contenuta nel CCNL di riferimento (nella fattispecie, il CCNL Turismo 2010) non riconosceva il diritto dei dipendenti addetti all’appalto al passaggio diretto alla gestione subentrante; al contrario, in esso si affermava chiaramente che l’impresa subentrante aveva l’obbligo di garantire l’assunzione ex novo dei lavoratori in esubero. Pertanto, la richiamata disciplina collettiva non stabiliva alcun diritto al passaggio diretto, bensì il diverso diritto ad una nuova ed autonoma assunzione.

Né infine poteva ritenersi applicabile l’art. 118 d.lgs. n. 163/2006, poiché, secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato una simile “non riguarda affatto una selezione per la scelta del contraente di un contratto pubblico, come tale assoggettata alle disposizioni di cui al D.lgs n. 163/ 2006, quanto piuttosto la procedura di affidamento di una sub-concessione a privati di un’area appartenente al demanio aereoportuale (…) nel caso in esame la sub-concessione, oltre che essere regolata dal diritto privato, (…) ha anche natura e funzione esclusivamente privatistica, senza alcuna traslazione né di poteri pubblici, né di parte del bene dal concessionario al sub-concessionario e senza alcun intervento autorizzatorio da parte dell’amministrazione statale proprietaria del bene concesso. Oggetto della sub–concessione è infatti un’area per la realizzazione e la gestione di un punto vendita destinato ad attività di ristorazione presso l’Aeroporto di…” (C.d.S. n. 2639/ 2015).

Pertanto, in conclusione, la Corte d’Appello ha escluso l’illegittimità dei licenziamenti collettivi, ritenendo che l’offerta di assunzione proposta dalle società subentranti, sulla base delle nuove e diverse condizioni stabilite nell’accordo raggiunto in sede amministrativa anche con le OO.SS., non fosse affatto illegittima e violativa di un diritto – inesistente – ad un passaggio diretto, senza soluzione di continuità, alle medesime condizioni che regolavano il rapporto di lavoro precedente.

 

A cura di Elisabetta Sartor, Dottoranda di Diritto del Lavoro dell’Università degli Studi di Padova

 

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