La sentenza della Corte Suprema polacca del 22 settembre 2020, n. I PK 126/19, affronta la questione della definizione dei criteri per l’accertamento della subordinazione nel rapporto di lavoro e stabilisce le condizioni della c.d. “subordinazione autonoma”.
Nel caso di specie, il ricorrente richiedeva l’accertamento del tipo del rapporto di lavoro in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa nel periodo tra ottobre 2009 e maggio 2011. In tale periodo, il ricorrente, sulla base di un accordo stipulato con la convenuta, eseguiva dei lavori di ristrutturazione e pulizia per un compenso di PLN 2.500. Il ricorrente non aveva un orario di lavoro fisso, ma quest’ultimo, assieme al tipo di prestazione da svolgere, gli veniva comunicato al momento della chiamata. Fino all’incidente accaduto nel maggio del 2011, l’attore non aveva mai contestato il rapporto giuridico con la convenuta.
Secondo i tribunali polacchi di primo e di secondo grado, la fattispecie non presentava le caratteristiche tipiche di un rapporto di lavoro subordinato. Nella legislazione polacca, ai sensi dell’art. 22 del codice del lavoro, la subordinazione sussiste quando il dipendente si impegna a svolgere una prestazione lavorativa specifica per il datore di lavoro sotto la direzione e nel luogo e all’ora da questi designati. Inoltre, il rapporto di lavoro deve presentare le seguenti caratteristiche costitutive: la volontarietà della prestazione, la personalità e continuità della prestazione, la subordinazione e la remunerazione.
La Corte Suprema polacca ha ribadito, nella sentenza in commento, che alcune di queste caratteristiche possono essere riscontrate anche in altri contratti regolati dal codice civile e che spetta al ricorrente dimostrare che il rapporto giuridico con la convenuta conserva le caratteristiche proprie del contratto di lavoro, non potendo quest’ultimo conseguentemente essere qualificato come un qualsiasi altro rapporto di diritto civile. Secondo il Giudice polacco, nel caso di specie, è indubbio che il ricorrente prestava la sua attività lavorativa volontariamente e personalmente e che gli spettasse quindi una remunerazione. Tali elementi non sono però esclusivi di un rapporto di lavoro. Ne consegue che l’unica caratteristica che distingue realmente un rapporto di lavoro da altri tipi di rapporti giuridici è la subordinazione di un dipendente alla gestione del datore di lavoro. Pertanto, ai fini della sussistenza di un rapporto di lavoro, il requisito fondamentale e significativo è la subordinazione, intesa come soggezione al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro che designa altresì l’orario e il luogo della prestazione.
Il ricorrente, infatti, non era costretto a svolgere il lavoro in giorni e orari specifici e predeterminati, ma lavorava quando e quanto riteneva opportuno. Inoltre, secondo le testimonianze presentate davanti al Giudice, la convenuta incaricava il ricorrente di eseguire un determinato tipo di lavoro, ma non dirigeva direttamente la sua prestazione impartendo ordini riguardanti la tecnica o il metodo di esecuzione delle opere, né la supervisionava.
Nel ricorso in Cassazione il ricorrente però ha fatto riferimento alla sussistenza della cosiddetta “subordinazione autonoma”. E con riferimento a tale concetto, la Suprema Corte ha affermato che: “è noto che la concezione tradizionale della subordinazione alla direzione del datore di lavoro (articolo 22 § 1 del codice del lavoro polacco) come obbligo del dipendente di eseguire gli ordini dei suoi superiori (articolo 100 § 1 del codice del lavoro polacco) si evolve insieme allo sviluppo di relazioni sociali. Al posto del precedente sistema di subordinazione rigorosa e gerarchica del dipendente e dell’obbligo di seguire le disposizioni del datore di lavoro, vi è una nuova “subordinazione autonoma”, consistente nell’assegnazione di compiti al dipendente da parte del datore di lavoro senza interferire con le modalità della loro esecuzione. Un dipendente che svolge un lavoro in condizioni di subordinazione autonoma organizza il proprio lavoro autonomamente e senza la supervisione costante e diretta di una persona che agisce per conto del datore di lavoro. Tuttavia, anche per quanto riguarda la subordinazione autonoma, si deve presumere che il datore di lavoro conservi il diritto ad emettere ordini di lavoro vincolanti per il dipendente. Questo diritto del datore di lavoro è riconosciuto dalla dottrina come la manifestazione fondamentale della subordinazione del dipendente.”
Nel diritto del lavoro polacco, quindi, il nuovo genere della subordinazione cosiddetta “autonoma” consiste nell’assegnazione da parte del datore di lavoro di mansioni al dipendente senza interferire con le modalità del loro svolgimento. In questo caso, il potere gestionale del datore di lavoro si manifesta, non già attraverso direttive impartite in ordine all’esecuzione del lavoro, bensì con la definizione delle condizioni e dei compiti, lasciando però maggiore autonomia nella modalità, nel tempo e nella sequenza di esecuzione degli stessi. Come stabilisce la Corte Suprema polacca, questo tipo di subordinazione si potrebbe applicare, in particolare, al personale dirigente che occupa le posizioni più alte in una data organizzazione economica (ad esempio, ai membri dei consigli di amministrazione di società di diritto commerciale, agli amministratori, ai dirigenti di alto livello, etc.).
In conclusione, la Corte Suprema polacca respinge il ricorso, non trovando applicazione, nel caso di specie, il nuovo concetto di “subordinazione autonoma” poiché riferito a lavoratori che eseguono semplici lavori fisici quali sono, appunto, i lavori di ristrutturazione e pulizia eseguiti dal ricorrente.
A cura di Kamila Naumowicz, PhD, Assistant Professor di Diritto del Lavoro nell’Università di Warmia e Mazuria, Olsztyn, Polonia
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